Curon: La deludente serie made in Italy
CURON: LA DELUDENTE SERIE MADE IN ITALY

TITOLO ORIGINALE: Curon
REGIA: Fabio Mollo, Lyda Patitucci
ANNO: 2020
GENERE: Thriller
EPISODI: 7
PAESE: Italia
VOTO:
TRAMA
Dopo vari litigi con il marito, Anna decide di abbandonare Milano insieme ai suoi figli, Mauro e Daria per recarsi nella sua cittadina natia: Curon. Quì incontra suo padre Thomas che, pur se inizialmente gli nega la possibilità di rimanere nell’inquietante hotel di famiglia, decide di ospitare la figlia e i nipoti. Il soggiorno dei 3 risulta essere tutt’altro che tranquillo: sembra infatti che la famiglia Raina sia coinvolta in una misteriosa maledizione che, in qualche modo, risulta essere collegata al passato e al campanile sommerso.
ANALISI
Per questa recensione voglio essere il più schietto e diretto possibile: Curon è tutto tranne che una buona serie tv! Be si, a malincuore devo ammettere che Curon è stata una grandissima delusione, l’ennesima occasione sprecata targata made in Italy.
Un thriller NON molto thriller
Nonostante dai minuti iniziali sembra di trovarsi difronte a una serie valida, del genere dark/mistery, basta proseguire con la visione per rendersi subito conto della scarsità della sceneggiatura: sceneggiatura che presenta solamente sulla carta gli elementi tipici dei dark thriller.
Questo è il problema che si presenta quando troppe menti collaborano ad uno stesso progetto: un’accozzaglia indecisa e confusa di idee solamente abbozzate e per nulla rifinite. Basta questo per descrivere in poche parole la sceneggiatura di Curon.
Ambientazioni fantastiche, fotografia ottima, recitazione discreta








L’unica cosa che va a richiamare in maniera a dir poco perfetta ed eccezionale gli elementi tipici del dark thriller è la location, le fantastiche e misteriose ambientazioni di Curon Venosta (basta pensare solamente al campanile semisommerso nel lago di Resia), un paesino in provincia di Bolzano. Si tratta infatti di una location suggestiva, misteriosa, cupa e quindi praticamente PERFETTA per questo genere di serie.









Nota positiva anche per quanto riguarda la fotografia che, grazie alle tinte fredde con una leggera tendenza sul verde/azzurro, funge quasi da cornice alle spettacolari e tenebrose ambientazioni dell’alto Adige. Ambientazioni dall’elevatissimo potenziale che, come già accennato, non sono state per niente sfruttate dalla produzione.



I temi trattati
Uno dei temi trattati dalla pellicola italiana è la dualità dell’animo umano che viene rappresentata ideologicamente tramite la metafora dei due lupi, la leggenda di Cherokee del lupo bianco e del lupo nero:
Ci sono due lupi in ognuno di noi. Uno è cattivo e vive di rabbia, odio, gelosia, invidia, risentimento, falso orgoglio, bugie, egoismo. L’altro è buono e vive di pace, amore, speranza, generosità, compassione, umiltà e fede. I due lupi lottano dentro di noi. Sai quale vince alle fine? Quello a cui tu dai da mangiare.
Sul piano grafico invece, la dualità viene rappresentata tramite dei veri e propri cloni in carne ed ossa che differiscono dall’originale solamente per il modo di pensare.
Personalmente mi piace molto questa questa idea ma non il modo in cui è stata rappresentata che risulta troppo “casuale” e inspiegabile (infatti non si conosce il vero motivo per cui compaiono i cloni). Si poteva fare di meglio.
Accanto al tema a dualità troviamo molti altri temi (fin troppi) che, vanno a mescolarsi creando NON poca confusione nella mente dello spettatore. Tra gli altri temi trattati troviamo sicuramente i rapporti familiari (da come si è potuto vedere dagli unici e gradevoli flashback sul passato di Anna), numerosi temi adolescenziali quali l’alcool, la droga; la lotta tra male e bene…..